Salvador Dalì : l’uomo, il genio e l’artista – Biografie del novecento

«Ti ricordo sempre. Ti ricordo troppo. Figlio mio, devo pensarti bruttissimo per non amarti di più».
Agosto 1927, firmato Federico.

In una lettera firmata da Federico Garcia Lorca, inviata al suo amico Salvador Dalì, si percepisce quanto il giovane poeta spagnolo si consumava d’amore per il pittore più stravagante di tutti i tempi.
Una combinazione di poesia e pittura, innesca la storia di un’ amore impossibile incontrato fra le mura della Real Accademia di Belle Arti di San Ferdinando a Madrid nel 1921.

Federico da vero appassionato, non nasconderà i suoi sentimenti al giovane pittore che lo declama nei suoi versi e nelle odi, come nell’Ode a Salvador Dalì .
Il suo “Salvadorcito” è divertito e lusingato d’ essere l’oggetto del desiderio da parte di un gran poeta, ma per paura pone fine al loro legame e lo respingerà fino alla fine.

In un dipinto dal titolo “Piccole Ceneri” secondo gli esperti ci sono chiari riferimenti alla storia d’amore.
Molti hanno speculato sulla presunta omosessualità di Dalì, vera o falsata che sia, da biografi fantasiosi fino a giungere al padre della psicoanalisi, Freud, il quale ebbe proprio un incontro con l’artista nel 1939 a Londra, e lo definisce un “fanatico” ma che non negherà il suo talento pittorico.

Salvador Dalì, allora aveva meno di vent’anni, quando si iscrisse all’Istituto per completare la sua formazione artistica, che già nella precoce adolescenza, mostrava segni di talento e creatività.
Proprio in questi anni entrò in contatto con il mondo “dandy” dove si sentì perfettamente a suo agio e non passò di certo inosservato con le sue mode bizzarre, calandosi nei panni di un egocentrico personaggio, con il quale convivrà per tutta la vita, rimanendone prigioniero.

Conobbe oltre a Federico Garcia Lorca, il regista Luis Bunuel, ed insieme il trio darà vita ad un lungo sodalizio artistico.
Nascono le prime tele figurative, impastate con chiari riferimenti all’arte Metafisica di Giorgio De Chirico, subendo l’influsso del maestro del cubismo Pablo Picasso.

Nel 1926 ad un passo dal traguardo del diploma, Dalì davanti alla sua commissione esaminatrice, dichiarò che l’accademia si rivelava inadatta a valutare correttamente il suo genio, e senza esitare fu cacciato dall’ateneo.
Si reca a Parigi per cambiar aria e qui incontra Picasso che ammira molto, e il maestro riconosce il giovane Dalì grazie alle belle parole proferitegli dallo spagnolo Juan Mirò.

La sua pittura cambia e rielabora stili spagnoli, tedeschi e italiani. Fonda il suo stile popolato da visioni oniriche.
Inizia un’altra fase della sua vita accanto agli amici di sempre : Lorca e Bunuel con i quali collabora per la realizzazione di scenografie teatrali e cinematografiche e alla stesura di sceneggiature per alcuni cortometraggi.

Vengono fuori delle pellicole mute come Un cane andaluso del 1929 rimasto celebre nella storia per la scena d’apertura, dell’occhio squarciato da un rasoio. Questo corto di 17 minuti fa immergere lo spettatore nel mondo onirico di Dalì; prendono vita i suoi sogni e le sue deliranti visioni, tanto che il fruitore ne rimane sconcertato.
E’ la volta dell’ L’Âge d’or del 1930 girato a Parigi, ma al momento della sua prima proiezione, alcuni gruppi fascisti e antisemiti, irruppero nella sala danneggiandone la visione. I primi due film destarono scandalo nell’ambiente accademico, ma per i surrealisti, sono punti di riferimento, e rientrano all’intero movimento artistico e letterario.

Il suo estro per le idee rivolte al cinema piacciono, tanto che lo vedranno impegnato al film di Alfred Hitchcock “Io ti salverò” che affronta il tema della psicoanalisi, concetto caro a Freud e a Dalì fautore del Surrealismo, al quale si ispira, per gettare le basi della tua teoria: il metodo paranoico critico.
Il metodo si esprime nell’esplorazione del subconscio per raggiungere un alto grado di creatività artistica, attraverso visioni deliranti causate dalla paranoia, e affrontate razionalmente in modo critico.

In questo periodo conosce la sua musa ispiratrice la russa Elena Ivanovna Diakonova moglie del poeta francese Paul Eluard, e la corteggia assiduamente.
Gala, pseudonimo scelto da Dalì , diventa prima amante e poi moglie e la sottrae ad Eluard, sposandola nel 1932 civilmente e nel 1958 con rito cattolico; oltre che pittrice posa come modella dei surrealisti ed è fonte di ispirazione per molti artisti.
La loro storia se ben non veduta dagli altri, si affermerà negli anni, tant’è vero che Salvador costruirà la bellissima residenza a Port LLigat a Cadaquès, casa di amici pescatori, che negli anni darà vita al Museo Gala-Dalì.
Dalla loro unione nasce il loro unico figlio José Van Roy Dalí nel 1940.

Lavora sempre più a contatto con i surrealisti, e il poeta francese Andrè Breton, fondatore del Manifesto Simbolista nel 1924, dichiarerà apertamente che l’accostamento degli studi di psicoanalisi nel processo creativo, sono fondamentali per lo sviluppò dell’inconscio e dell’immaginazione. La loro arte prende spunto dai visionari Bosch, Bruegel, Arcimboldo, Gaudì, Gustave Moreau, De Chirico; la maggior parte del movimento è catalano e parte francese.
E’ con questo felice binomio, si darà corpo a tutta l’arte surrealista. L’arte dei sogni e dell’inconscio.
Nel 1931 Dalí dipinge una delle sue opere più famose, La persistenza della memoria, i famosi orologi che si sciolgono e si deformano, sinonimo di rifiuto del tempo rigido e deterministico.

Con i primi successi sbarca a New York grazie a mercanti e committenze ed espone Museum of Modern Art; fa di tutto per affermarsi e con l’arrivo della fama, la sua psiche subisce dei bruschi disturbi.

Gli anni a venire saranno segnati dall’avvento della seconda guerra mondiale e ancora prima dalla guerra civile in Spagna nel 1936.
Un tragico evento catturerà la sua attenzione : l’ uccisione brutale del suo amico e amore platonico Garcià Lorca, fucilato a Granada, per diverso schieramento politico e sessuale, un’altra vittime innocente della guerra civile. Muore la sua divinità tutelare, come dichiarà in uno scritto.

Dalì dopo NY ritorna in Spagna, ma le sue apparizioni e performance a sfondo nazista hanno offeso gli altri esponenti surrealisti, infatti un’altro chiodo fisso è il potere assoluto suscitato da Hitler, e per le sue posizioni politiche viene processato ed espulso dal gruppo. Affermerà che è lui il vero Surrealismo e si trasferisce negli Usa con la moglie per 10 anni.

A seguito di ciò Breton conia per il pittore spagnolo il soprannome di “Avida Dollars”, anagramma di Salvador Dalí che può essere tradotto come bramoso di dollari, in tono offensivo, poiché con l’arrivo dei soldi, Dalì diviene ancor più altezzoso anche per le continue idee politiche che attirò a sè critiche e nemici.

Rimane in America fino alla fine degli anni quaranta e le sue attività sono prolifiche e innovative. Non è più solo pittura, ma è comunicazione a 360° e spazia dalla scenografia, al design, al teatro, alla moda, alla scienza, alla fotografia e alla sceneggiatura di film, cortometraggi, e documentari. In Italia collabora per le scenografie di Luchino Visconti, e negli Usa realizza alcuni disegni per la Walt Disney per il cortometraggio Destino.
Destino, come profetizza il titolo, ha avuto un esito diverso. Ideato da Walt Disney su disegni di Dalì nel 1945 il lavoro per problemi finanziari non vide la sua luce.
Il progetto fu ripreso dal nipote di Walt nel 1999 e nel 2003 uscì in tutte le sale cinematografiche, aggiudicandosi una nomination agli oscar.

Negli anni “50 ritorna in Spagna ma non è accolto bene e nonostante ciò inizia un’altra era: la sperimentazione con la pop art, influenzato da Andy Warhol.
Si serve delle olografie, delle illusioni ottiche, e si interessa di scienze naturali e sovrannaturali. Sviluppa temi carichi di simboli arcaici, si occupa di occultismo e magia come il famoso corno del rinoceronte, la castità della vergine, il crocifisso, e il cubo.
Dal 1960 si dedica assiduamente alla costruzione del Teatro-Museo Dalì, e lo occuperà cosi tanto che sarà meta di curiosi e media, tanto per non smentire la fama del Divino Dalì.
Un duro colpo gli sarà inferto dalla vita, nel 1980 la sua amata consorte sarà colpita da demenza senile, è sarà costretta a smettere di seguire il marito nei suoi viaggi.
Per Salvador è un’ oltraggio alla vita vedere Gala ridotta allo stremo delle sue forze, proprio lei che gli e ne aveva date tante, e due anni dopo, la sua musa si spegne.
Dalì si lascia andare incontro alla depressione, ha sessantasette anni e vive nella sua residenza principesca circondato da dipinti, da opere e dagli amici che lo incoraggiano.

La sua visione del mondo si limiterà ad una finestra; a quella porzione di mare con la scogliera, che l’ha sempre affascinato, fonte di ispirazione, ritratta spesso nelle sue figure plastiche.
Non ha vita, è come se Gala gli avesse portato via il Surrealismo. Muore lentamente.
Le cronache dell’epoca rifacendosi ad un episodio di incendio avvenuto fra le pareti di casa, urleranno “ tentativo di suicidio”.
Muore per un’ attacco di cuore nel 1989 e non fece in tempo per sapere che pochi mesi dopo il muro di Berlino sarebbe stato abbattuto.

Cosi come cadde l’ultimo confine, crollò anche il Surrealismo con Dalì, odiato e amato dall’arte a cui fu comunque debitore di un’ epoca.
A Roma nel celebre Complesso del Vittoriano si omaggia il genio di Salvador Dalì, dopo ben sessant’anni dall’ultima retrospettiva avvenuta nel lontano 1954, ritorna nella capitale. Dalì forse uno dei pochi artisti in cui in vita sia stato dedicato un Museo (il suo) è stato versatile in ogni momento.
La combinazione di intuito, sensibilità, pazzia, ego, e determinazione, ha notevolmente contribuito al successo di quest’ uomo, diventando imprenditore di se stesso, sospeso sempre fra due mondi il demoniaco e l’angelico, una vita di eccessi che ha sfiorato la follia.
La mostra presentarà diverse sezioni in cui non mancherà l’area italiana, omaggiata da Dalì, oltre che nella pittura, rinascimentale e metafisica, anche nel cinema, con l’incontro di Visconti e Rossellini. L’Italia una terra amata dal pittore.
Alla retrospettiva saranno presenti i suoi più importanti capolavori carici di simbolismi engmatici, derivanti ad una natura visionaria ed eclettica come Dalì.
E come si descrive nella sua biografia “La mia vita segreta” :

“Io so quel che mangio, ma non so quel che faccio”.


Pubblicato da incarte

Nata a Napoli ha intrapreso una formazione artistica fra arte, cultura e spettacolo.